... Dal mondo delle fiabe e dei giochi, quelli distorti però, che in certi casi provengono dai media e dalla cibernetica, si sviluppa la poetica di Walter Reggiani, una poetica penetrante nelle viscere dell'osservatore, il quale si ritrova, incalzato dall'impatto delle immagini, ad impressionarsi davanti a quei fanciulli trasformati e De-formati nella propria natura. Quei fanciulli divengono una realtà diversa, disumana, svuotata dei propri canoni innocenti dell'essere bambini, per tradursi in una sorta di mutanti tecnologici, senza più una vera identità, perduta prima ancora di cominciare a formarsi, perché costretti dal mondo contemporaneo (con le sue innovazioni strepitose, sì, ma - troppe volte - mal gestiste e fuori controllo ) a seguire modelli scorretti e inadatti alla loro innocente natura di fanciulli. Toni forti, cupi, oscuri, fondi bui, linee dure, pastose, penetranti nell'affrontare sia il dipinto che la grafica, sono il transfer usato dall'artista per narrare le sue atmosfere Dark. Come nella storia vari artisti (uno tra tutti, Goya con le sue ‘pinturas negras’) rappresentano le ossessioni del proprio tempo, Walter Reggiani, attraverso la sua opera al nero, tratteggia le linee della sua epoca. ....
Estratto dal testo critico di Anna Rita Delucca - storica dell'arte - maggio 2017
KINDERKAMPF è la personale di Walter Reggiani che si inaugura oggi, sabato 13 febbraio, alle 18, alla Galleria “Il Coccio” di Via A. Agnello 6 a Ravenna e resterà aperta al pubblico fino al 23 febbraio. La mostra sarà visitabile dal martedì al sabato con ingresso libero. Orari: 9-12 / 16-19. Chiuso domenica e lunedì.
Walter Reggiani è un giovane artista le cui doti grafiche e narrative sembrano sortire da un mondo interiore di fiabe e racconti per sopire il grido, o dare voce al fanciullo che è in ognuno di noi. Certo la narrazione è anche incubo, lato oscuro del pensiero e il mondo del fantasy entra di prepotenza nella poetica e nelle opere di Walter Reggiani. Una visione non serena ma che riflette anche le angosce e le intemperanze del mondo contemporaneo.
Dice lo stesso Reggiani: “Il progetto Kinderkampf si è sviluppato partendo dall’analisi delle fiabe - un mondo che è sempre stato per me una costante sin dall’infanzia e che tutt’ora mi affascina. È interessante scoprire come posseggano in loro un ampio spettro delle molteplici situazioni della vita. Comunicano al bambino che una lotta contro le gravi difficoltà esistenziali è inevitabile e soltanto chi le affronta con coraggio e determinazione può uscirne vittorioso. Aiutato dagli scritti di Bruno Bettelheim, ho capito quanto queste siano sempre attuali e nell’evoluzione del progetto è venuto poi istintivo associare aspetti socio-culturali contemporanei alle fiabe che più mi hanno affascinato. Kinderkampf, letteralmente “la battaglia del bambino”. Non una guerra, ma piccole battaglie giornaliere che portano al raggiungimento dell’età adulta e alla conoscenza di sé stessi.”
Le immagini sono in fondo uno specchio, che possiamo cercare di violare con l’immaginazione, o che possiamo cercare di fissare compiaciuti della loro perfezione che si consuma nell’esistenza. Sono un sogno, il risultato di un incantamento che ci lascia sospesi tra la limpidezza della visione e l’inconsistenza delle apparenze.
Un sogno indipendente dalle tecniche che si impiegano, che “dice” la realtà – una realtà concreta o letteraria – senza comunque aderirvi. «Non esiste la fotografia artistica – sosteneva Nadar. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare». Come dire: anche nella fotografia, che pure sembra lo strumento più idoneo a riprodurre il mondo, ponendo il nostro sguardo in una sorta di ipotetico “grado zero” della visione, il realismo non si da.
Realismo che, per converso, nemmeno il racconto di fiaba manifesta. O, meglio, genera una metafora di ansie, inquietudini, ambiguità, che appaiono narrate in forme reali.
L’unicorno, lo sappiamo dai racconti medievali, è un animale selvatico, al limite della ferocia, che può essere ammansito solo da una fanciulla vergine … come Alice, appunto. Un animale immaginario, «certo, non è mai esistito – scrive Reiner Maria Rilke nei Sonetti ad Orfeo –. Ma poiché è stato amato, è diventato un animale puro»; un animale malinconico che, secondo la versione di Jean Cocteau ne La dama con l’unicorno, muore dopo aver visto, riflessa nello specchio, l’immagine del cavaliere che cavalcando il leone insidia la fanciulla.
L’universo delle immagini è costellato di queste ambivalenze, come testimoniano in modo curioso le opere di Valentina Cicognani e di Walter Reggiani.
Le fotografie di Valentina Cicognani sembrano voler investigare le dimensioni del tempo. Di un tempo sospeso tra documento (che non è la realtà, come detto, ma la porzione di essa dietro la quale si nasconde la volontà dell’artista) e nostalgia.
La pittura di Walter Reggiani scandaglia invece l’universo della fiaba per restituircene non tanto un’illustrazione, quanto piuttosto l’incanto – spesso pauroso – che si risolve in modo allusivo in immagine.
I due autori, per intenderci, come il Polifilo protagonista dell’ Hypnerotomachia, una volta giunti nella selva (la realtà?), si addormentano e sognano. Il loro sogno è quello di sognare. Di sognare le prove sui sottoporsi per riconoscere le infinite configurazioni che la vita assume. Gli strumenti che hanno a disposizione per superare le prove, ancora una volta, sono le immagini.
Bruno Bandini
L'universo del raccontare, attività antica quanto l'umanità stessa e di essa caratteristica, ha visto attraverso il cammino della storia le più svariate modalità di espressione. Vi è stato chi manifestasse tale necessità per musica, chi per parole, chi per immagini. E nacquero la poesia, il racconto epico, l'opera in musica e un infinito sottobosco di racconti che passando di bocca in bocca, di orecchio in orecchio, hanno generato una sorta di mitologia popolare, legata a luoghi specifici e allo stesso tempo fatta di valori univerali, tale da risuonare familiare ad ogni individuo che vi si accosti. Parte di ogni genius loci, questa mitologia locale ha poi trovato espressione anche nella pagina scritta: essa si genera dai luoghi, dalle suggestioni che essi scaturiscono ma anche, allo stesso tempo, da quell'inconscio che è comune ad ogni uomo e che la rende pertanto, portatrice di valori universali. La parte ed il tutto, dalla leggenda di paese alla storia umana, dallo sguardo di un uomo all'indagine sulle genti. Così è l'opera di Walter Reggiani: dalle terre di Romagna, sulla scia dei racconti di Eraldo Baldini - che nell'artista trova fertile terreno per trasformarsi in immagine - ci viene suggerita l'esistenza di un mondo parallelo e misterioso, occultato dietro i paesaggi e i volti ci si parano davanti. Processioni di esseri fatati, un inquietante bestiario di campagna, espressione di memoria silvestre o ferina, caseggiati che sembrano sorgere spontaneamente dalla terra come gli alberi che li affiancano, metamorfosi vegetali e animalesche, sospese tra realtà possibili che sembrano trovare conferma alla loro esistenza nel dettaglio del battacchio bronzeo di un portone. La scorrevolezza del suo tratto è la stessa scorrevolezza dei racconti che impagina; il gusto di questo raccontare si concretizza in immagini che paiono quasi le tavole di un fumetto noir, una graphic novel dove l'asciutto bianco e nero e la gamma quasi monocromatica dei suoi toni evocano le nebbie che nascondono e fanno da sipario a queste storie di provincia. Ma il termine provinciale è riduttivo. Solleticando anfratti profondamente radicati nella mente umana ( dai racconti e dalle fiabe d'infanzia agli schemi di Propp che li sottendono ) il piccolo mondo nascosto di Walter Reggiani si erge a manifesto di un'inquietudine sottile che alberga in ogni mente, propone uno sguardo diverso, più attento, più ricettivo nel cogliere quelle storie diverse che giacciono dietro ciò che i nostri occhi vedono: uno stimolo a guardare oltre, per cogliere il testimone e rinnovare ancora quel racconto incessante che ci rende, inconsapevolmente, umani.
Venezia, giugno 2013
Lorenzo Gigante
Il primo impatto con le opere di walter sollecita curiosità e attenzione, si passa, successivamente ad uno stato di osservazione fra l’affascinato e lo spaesato.. Le sue opere avvinghiano,
seducono, sollecitano curiosità …il suo ‘scrivere’- perché le sue opere sono narrate-, attraversa il racconto e l’affabulazione uscendo indenne dall’illustrazione spicciola per consacrarsi ad una
qualità artistica raffinata… In realtà, il suo riferimento narrativo è solo un pretesto per dare significato alle sue forme:. i suoi contenuti viaggiano seguendo strade recondite, le opere di w.
hanno la capacità di rappresentare il microcosmo fantastico di una realtà surreale le cui radici vivono nel mito e nella linfa arcaica, di un universo simbolico. Universo con radici ben saldate
alla nostra terra… per questo vediamo le sue foreste fare breccia e scudo al mondo bizzarro, così frantumato dalla sua abilissima mano grafica…l’azione della materia irreale, sembra restituire le
lezioni del surrealismo colorandosi di una poesia visiva e inquieta…
… L’autore ama il racconto, le storie, l’immaginario delle fiabe infantili, il retroterra materno popolato da figure inquiete e leggendarie, dove le streghe mangiano bambini e la crudeltà segue
strade determinate da riti iniziatici appartenenti alla preistoria..(secondo V. Propp)....e ancora l’eredità spirituale e artistica di uno zio pittore di icone ortodosse …in questa miscellanea
fatta di affabulazione..forme… colori..nascono le opere di reggiani, quasi una lezione di surrealismo antropologico, dove il fantastico trasforma il divenire nel presente del suo essere artista,
dalla stupefazione, all’ incanto, sino al sortilegio…
…Di orizzonti e alberi è fatto il suo narrare, con costellazioni di pensieri suggeriti dalla malia dell’opera, opere fantastiche di una realtà onirica struggente, come le emozioni di quando,
bambini, si era rincuorati per le paure irrazionali… le atmosfere del sogno punteggiano una perfetta abilità tecnica nella descrizione di un ramo..di una mano..di un volto inquieto..come la luna
che occhieggia irreale e quasi blasfema in una notte magica e nelle arie rarefatte e immobili….senza tempo, le opere di w., come i suoi musicanti che si aggirano quali ombre, con la naturalezza
indigena dei racconti atavici, troppo distanti nel tempo, per comprenderne i significati e la logica…
….ingenua e colta la sua mano grafica, w. piega la forma all’idea della sua narrazione..e sa anche fermare il particolare, nello spazio e nel tempo..così vediamo le sue ‘maniglie’ diventare
mostri che sibilano ad un vento ostico e contrario …le sue teste di mostro fatate, paiono parlare allo spettatore per ostacolarne l’accesso..altra capacità dell’autore è quella di fare parlare le
opere…davanti ad un’opera di w. si interagisce con essa…pare suggerire e svelare enigmi… il suo sommesso dialogo fatato ha la magia dell’incanto, prerogativa questa..della grande arte.
Narrazione figurativa intrisa di reminescenze letterarie ispirate al libro di racconti noir ‘Gotico Rurale’ di Eraldo Baldini che illustra un mondo contadino ormai svanito con le sue storie di
fantasmi e stregonerie di cui oggi restano soltanto rari strascichi tramandati attraverso la letteratura fiabesca.
La tecnica a carboncino si sposa perfettamente con le oscure sfumature evanescenti delle nebbie padane e la buia atmosfera delle lande solitarie dove lo sguardo si perde nel nulla infinito, nelle
inquiete figure che a colpo d’occhio fanno ripensare alle ‘pitture nere’ di Francisco Goya.
Cresciuto in una casa ricca di colori e libri d'arte, ha subito sviluppato una predisposizione al disegno e alla pittura. Sua madre gli ha tramandato questo interesse, “ereditato” da uno zio pittore, che Walter coltiva e che perfeziona con il passare del tempo.
Oggi la tecnica che preferisce è la pittura con colori ad olio, utilizzando come supporto tele, tavole di legno e materiali di recupero sui quali sia possibile dipingere.
Oltre alle tecniche di pittura, che sta approfondendo con la docente Margherita Tedaldi, sta imparando le tecniche tradizionali dell'arte incisoria, ovvero acquaforte, acquatinta e ceramolle, frequentando un corso serale alla Scuola d’Arte B. Ramenghi di Bagnacavallo sotto la guida della docente Liliana Santandrea.
Nelle sue opere vengono rappresentate la paura e l'inquietudine caratteristiche dell'essere umano. La preoccupazione che deriva dalle situazioni che non comprendiamo. I suoi quadri sembrano ricadere nel filone noir, ma contaminati da sprazzi di realtà ben lontana da questo stile.
Walter tende a rielaborare immagini prese dalla quotidianità, rivelando un lato di esse che solo i suoi occhi vedono, come se proponesse una realtà diversa, un diverso senso visivo, trasformandole paradossalmente in qualcosa di fantasioso, seppur celato ed ambiguo.
Oggi lavora ad una serie di quadri ispirati al libro “Gotico Rurale” dello scrittore ravennate Eraldo Baldini, una raccolta di brevi racconti ambientati in piccoli borghi della nostra regione. La tematica di queste storie è oscura, si parla di presenze, tristi avvenimenti e paesaggi rurali avvolti dalla nebbia.
Le opere di Walter sono molto comunicative, guardandole si ha l'impressione di essere scrutati, di essere “letti dentro”, come se venisse scoperta, in quell'istante, la fragilità più grande dell'essere umano. Vi troverete di fronte a colori dai toni scuri, che richiamano immagini come la terra al crepuscolo, le ombre, la notte. Vi troverete ad osservare immagini in monocromo che trasmettono un senso di irreale, come viste in un sogno. Sarete completamente immersi in una realtà parallela, fatta di immagini che riproducono soggetti reali, ma stravolti nel significato e nella percezione.
Valentina Cicognani